Un mistero da risolvere e sei anni di esperimenti per riportare alla luce un esperimento fallito. Sembrerebbe l’inizio di un film di fantascienza ed invece è l’inizio del primo unboxing (a cui seguirà una prova prodotto) di Sportfarm: stiamo infatti parlando di sport, running per essere precisi.

Adidas, Nike ed altre aziende produttrici di articoli sportivi avevano, agli inizi dello scorso decennio, provato ad introdurre delle componenti meccaniche nella parte inferiore delle scarpe (quella che gli inglesi chiamano bottom), sia a livello di suola (la parte che fisicamente tocca il terreno) sia di intersuola (la parte tra la suola e la zona superiore della scarpa). Qualcuno forse ricorderà la A3 dell’Adidas o la Shox della Nike giusto per citare due esempi.

Lo scopo di quelle scarpe da corsa era, come per tutte le calzature da running, di ridurre al minimo l’impatto con il terreno durante l’esercizio e di fornire maggiore energia agli atleti.

Il fatto che già alla fine degli anni 2000 non siano circolati più modelli con vistose componenti meccaniche lascia intendere il riscontro da parte degli atleti ed anche degli altri acquirenti (non tutti comprano una scarpa da corsa per andare a correre, alcuni la indossano nella vita di tutti i giorni perché coincide con i loro gusti estetici).

più spinta con meno energia: le scarpe da running seguono sempre questo obiettivo

A questo punto ecco servito il mistero: perché l’Adidas ha deciso d’introdurre sul mercato la Springblade nonostante gli scarsi riscontri ricevuti nello scorso decennio, soprattutto considerando la contemporanea uscita della Boost? Nel progettare la Springblade, dicono le fonti ufficiali, l’Adidas Innovation Team ha impiegato più di sei anni: in pratica la realizzazione della scarpa è iniziata quando al Quartier Generale in Germania si era deciso di abbandonare la produzione di quella tipologia di scarpe da corsa. A questo va aggiunto che il modello è uscito insieme ad un nuovo tipo di scarpa da running, la Boost, che ha un’intersuola capace di assorbire e rilasciare energia e su cui l’Adidas sembra volere puntare parecchio.

Per risolvere questo enigma noi di Sportfarm siamo andati fino in Cina, dove vengono prodotte le scarpe dell’Adidas, ed abbiamo indagato alla nostra maniera: con unboxing e recensione del prodotto. Un grazie sentito a Max Shangguan, Operation Manager dell’Adidas, per averci assistito durante il viaggio asiatico.

Ecco gli indizi emersi durante l’unboxing:

Primo indizio
Il tipo di energia rilasciata dalla Springblade è diverso da quello della Boost: mentre la prima scarpa possiede sedici lame configurate per “spingere in avanti” il runner, la Boost ha un’intersuola che rilascia energia “in verticale”. In relazione al tipo di falcata la scelta della scarpa può quindi ricadere su un tipo di scarpa piuttosto che un’altra. Molto probabilmente, considerando solo il rilascio di energia, è meglio la Springblade per un corridore di livello medio alto mentre la Boost per i dilettanti.
Secondo indizio
La Springblade non ha l’intersuola, cosa che invece rende la Boost unica con la sua mescola. Le scarpe, come qualsiasi altro manufatto, hanno un costo maggiore all’aumentare delle componenti che lo compongono: se si riesce ad eliminare un componente il costo viene ridotto. È come quando ordinate da mangiare al ristorante: più cibo ordinate più sarà salato il conto. Questo concetto viene enfatizzato ancora di più nelle scarpe da corsa e da pallacanestro dove viene richiesta la massima leggerezza possibile e quindi meno “pezzi” possibili. Di recente addirittura anche le scarpe da calcio stanno abbracciando questo concetto: pensiamo alla F50 o alla CrazyLight dell’Adidas. La soletta interna a forma di barca che va a sostituire l’intersuola potrebbe quindi rappresentare una strada da intraprendere in futuro per la realizzazione delle scarpe da corsa.
Terzo indizio
L’estetica non è da sottovalutare: i modelli dello scorso decennio (diciamolo francamente) erano brutti, la Springblade sembra invece molto bella e sicuramente non passerete inosservati se la indosserete.

l’assenza di intersuola potrebbe essere il futuro delle scarpe da corsa.

Restano tanti punti interrogativi sulla performance e sulla comodità della scarpa, ma per quelli aspettate la prova prodotto e la nuova raccolta di indizi. Il mistero continua.

Di seguito, le immagini dell’unboxing: